Resistere ai mercanti dello spirito

<Siccitate eo anno plurimum laboratum est, nec caelestes modo defuerunt aquae, sed terra quoque ingenito umore egens vix ad perennes suffecit amnes. Defectus alibi aquarum circa torridos fontes rivosque stragem siti pecorum morientum dedit; scabie alia absumpta, volgatique in homines morbi.

Et primo in agrestes ingruerant servitiaque; urbs deinde impletur. Nec corpora modo adfecta tabo, sed animos quoque multiplex religio et pleraque externa invasit, novos ritus sacrificandi vaticinando inferentibus in domos quibus quaestui sunt capti superstitione animi, donec publicus iam pudor ad primores civitatis pervenit, cernentes in omnibus vicis sacellisque peregrina atque insolita piacula pacis deum exposcendae. Datum inde negotium aedilibus, ut animadverterent ne qui nisi Romani di neu quo alio more quam patrio colerentur.>

<[30, 7] In quell'anno si ebbe a soffrire moltissimo per la siccità: non soltanto mancarono le piogge, ma anche la terra, che mancava della sua naturale umidità, riuscì appena ad alimentare i fiumi perenni. In alcuni luoghi la mancanza d'acqua attorno alle fonti ed ai ruscelli secchi fece morire di sete una grande quantità di bestiame, la scabbia uccise gli altri, e le malattie si diffusero tra gli uomini. Prima avevano colpito i contadini e gli schiavi, poi ne fu piena tutta la città. E non soltanto i corpi vennero contagiati, ma anche negli animi s'instaurarono varie superstizioni, per di più in gran parte straniere, dato che coloro per i quali gli animi in preda alla superstizione costituiscono una fonte di guadagno andavano introducendo nelle case con i loro vaticini, nuove forme di sacrifici: finché la vergogna che ormai tutti provavano giunse ai primi cittadini, i quali vedevano compiersi in ogni quartiere e in ogni cappella riti espiatori forestieri e insoliti per implorare la pace degli Dei. Fu quindi dato l'incarico agli edili di badare che non si venerassero altre divinità che non quelle romane, né con altro cerimoniale che quello dei Padri.>

 

Livio, Ab Urbe Condita IV, 30

 

 

 

Emanuele Viotti

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Commenti: 2
  • #1

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