Chi Siamo?

IANE BICEPS, ANNI TACITE LABENTIS ORIGO, 
SOLVS DE SVPERI QVI TUA TERGA VIDES: 
DEXTER ADES DICIBVS QVORUM SECVRA LABORE 
OTIA TERRA FERAX, OTIA PONTUS AGIT. 
DEXTER ADES PATRIBUSQVE TUIS, POPULOQUE QUIRINI: 
ET RESERA NVTV CANDIDA TEMPLO TVO. [0]


Ad Maiora Vertite [1] è un progetto che nasce con lo scopo di studiare il Culto Romano nella sua forma teorica e pratica. Poiché partiamo dal presupposto che sia IVS e conforme ai MAIORA accostarsi agli Dei nel modo più vicino possibile a quello antico, non essendoci nulla di Romano nel mondo Moderno.

Il metodo da noi utilizzato è di tipo storico-archeologico, basandoci sulle fonti e concedendoci il dubbio su ogni singola virgola. Ciò che non è su di un'iscrizione o su di una fonte o su un reperto non esiste o tutt’ alpiù è in pieno dubbio. Ciò che non esiste o non è esplicitamente dichiarato cerchiamo di ricostruirlo utilizzando una logica il più possibile conforme a quella antica, ed in ogni caso non mancherà di essere segnalata.

Ogni riga ed ogni punto avrà la sua fonte, e dove questa è assente ed è stata da noi “inventata” sarà sottolineato quale ragionamento abbiamo seguito, e se vi sarà qualcuno pronto ad un suggerimento, o ad una proposta alternativa, gli saremo infinitamente grati. Poiché noi non siamo maestri di nessuno, siamo ricercatori al pari di altri, in un percorso conforme ai costumi degli Antenati. I nostri unici ipse dixit sono quelli delle fonti classiche, in particolare latine.

Ad Maiora Vertite non fa esoterismo, non è un gruppo che dichiara una guerra metafisica a destra e a manca, non è qui per insegnare l'evoluzione spirituale (non avendone diritto), non ha interessi iniziatici e non iniziamo nessuno. Ognuno è libero di contestare qualunque parola noi scriviamo poiché abbiamo ottenuto il diritto di studiare e riflettere solo ed esclusivamente da noi stessi. Abbiamo incontrato numerosi ambienti che hanno scopi e metodi come quelli poco sopra citati e poiché non li troviamo erronei non sosteniamo di diffidarne in favore di una nostra presunta verità, bensì sono un tipo di ricerca differente dal nostro.

Noi partiamo dal presupposto che riconoscendoci nei Valori Romani, ci sentiamo Romani, ed e conseguentemente è obbligo nostro quello di svegliarci ogni mattino e sacrificare agli Dei prima di ogni altra cosa, di rammentare le Feste Pubbliche, e di riconoscere le forze divine in ogni dove. Reputiamo necessario un Culto Romano puro e genuino, e quanto più storico possibile. Puro anche da influenze esterne che gli stessi Romani tentavano di combattere [2], ancora una volta non perché sbagliate ma perché noi reputiamo che sia prioritario seguire il Mos Maiorum.

Puro dev'essere anche dalle forme di interpretazione esoterica, in primis poiché l'origine è greca, in seconda istanza perché molte forme di questo tipo hanno le proprie basi fondamentali nel periodo dal rinascimento all'epoca moderna, ed ai nostri occhi troppo moderne per risultare conformi alla Roma antica. Pertanto presumiamo essere necessario andare alla ricerca di quanto è più romano possibile. Non è una contraddizione affermare che si possono secondariamente integrare con culti diversi (Roma lo fece), sta alla sensibilità di ognuno, poiché non si impongono dogmi ognuno è sempre libero di agire come preferisce, noi partiamo dal presupposto che si debba partire da ciò che è Romano per poi aggiungere -se necessario- ciò che non lo è, e reputiamo altresì erroneo fare il contrario.

Ribadisco nuovamente, il nostro studio non è uno studio di tipo Greco-Romano o Romano-Greco, non è l’ Esoterismo in forma Romana, non è la guerra per la salvezza del mondo con l'uso di riti pseudo romani, non ci basiamo sugli autori dell’ 8-900, e non ipotizziamo che culti romani greci ed egizi siano la stessa cosa (perché non è così), noi proponiamo uno studio di tipo accademico (ma con la razionalità teologica di cui esso manca) sul culto esclusivamente Romano.

La nostra guerra si combatte nei termini in cui in quest'epoca di falsi maestri, di dissacralità, e di reinterpretazione delle fonti (spesso difesa da presunti diritti magistrali), noi scegliamo singolarmente di amministrare nella nostra casa la Legge, nella nostra vita quotidiana seguiamo il Mos Maiorum, e crediamo che non si possa combattere un presunto nemico esterno poiché il primo ad impedirci di essere Romani è l'omuncolo che vive in noi, e che ci spinge ad abbandonarci a questa società decadente.

Non si può sterminare la razza umana perché cede al materialismo, ogni giorno va irrimediabilmente incontro al proprio destino [3], ma se ciò che ammiriamo è Roma, è inutile pretendere il risveglio dei nostri concittadini se siamo i primi che non impongono a se stessi il proprio dovere.

Non è importante il risultato finale, ma come si è agito, su questo si basa il nostro karma.[4] Ed inoltre è necessario più coraggio per andare verso un destino ignoto ma agendo con la fermezza scaturita dal cuore, che puntare con ogni mezzo ad un obiettivo anche agendo in modo scorretto o voluttuoso.[5]

Pertanto puntate verso le parole dei Padri.

IVPITER, ARCE SVA TOTUM SPECTET IN ORBEM, 
NIL NISI ROMANVM, QVOD TVEATVR, HABET. 
SALVE, LAETA DIES, MELIORQVE REVERTERE SEMPER, 
A POPVLO RERVM DIGNA POTENTE COLI. 
QVEM ENIM ESSE DEVM TE DICAM, IANE BIFORMIS? 
NAM TIBI PAR NVLLVM GRAECIA NVMEN HABET, 
EDE SIMVL CAVSSAM, CVR DE COELESTIBVS VNVS, 
SITQVE QVOD A TERGO, SITQVE QVOD ANTE, VIDES. 
HAEC EGO CVVM SVPTIS AGITAREM MENTE TABELLIS, 
LVCIDIOR VISA EST, QVAM FVIT ANTE, DOMVS» [0]


Valete Optime in Pax Deorum

Ad Maiora Vertite

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Note:

[0] estratto da Ovidio, i Fasti

[1] Mos est institutum patrium, id est memoria veterum pertinens maxime ad religiones caerimoniasque antiquorum. » « Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità. »

Festo

[2] Venerare poi gli dèi personali, o nuovi o forestieri, comporterebbe la confusione dei culti e dei riti sconosciuti ai nostri sacerdoti. Si stabilisce infatti che siano venerati gli dèi tramandati dai padri, a condizione che i padri stessi abbiano seguito questa legge.

Cic. De Legibus II, X, 25-26

[3] <non sperare di riuscire con le tue preghiere a mutare i decreti immutabili degli Dei>

 Virgilio, Eneide VI,376

[4] <In verità spesso dichiara [Pomezio] che non c'è niente di utile che non sia pure onesto, e niente di onesto che non sia pure utile, e dice che nessun male ha colpito maggiormente la vita degli uomini che la dottrina di quanti hanno distinto questi concetti.>

Cic. De Officiis III, VII, 34

[5]I filosofi, dunque, predicano bene e razzolano male:
 così cianciate voi. E invece fanno già molto, proprio perché
certe cose perlomeno le dicono, e concepiscono pensieri di
virtù e di onestà; se poi agissero in piena conformità dei loro insegnamenti quale uomo potrebbe essere più felice di loro? Intanto, non c'è motivo di disprezzare le buone parole e gli
animi ricchi di pensieri virtuosi, e poi il coltivare salutari inclinazioni è di per sé lodevole, indipendentemente dai
risultati che si possono conseguire. Forse che ci meravigliamo
se non giunge sino alla vetta chi s'è incamminato lungo una
dura salita? Se siamo uomini non possiamo non ammirare
coloro che han posto mano a degne imprese, anche se poi
cadono senza toccare la mèta. è di un animo nobile tentare, guardando non alle sue forze personali ma ai poteri della
propria natura, mirare in alto e concepire azioni superiori
anche a quelle che possono compiere delle persone eccezionalmente dotate. Ci sono uomini che si sono proposti questi
obiettivi: «Guarderò la morte con lo stesso volto con cui ne
sento parlare. Mi assoggetterò a qualunque fatica, sostenendo
il corpo con l'animo. Disprezzerò le ricchezze, ch'io le
possieda o no, né mi dorrò per il fatto che le abbiano altri o
monterò in suberbia se mai mi splendessero intorno. Non
darò peso alla fortuna, sia che m'assista, sia che m'abbandoni. Guarderò tute le terre del mondo come se fossero mie e le
mie come se appartenessero all'intera umanità. Vivrò con la convinzione di essere nato per gli altri, ricambiando così la
natura per avermi generato: quale dono più grande, infatti,
avrebbe potuto farmi? Ha donato me solo a tutti gli altri, e
tutti gli altri a me solo. Non sarò né un tirchio né uno
spendaccione, farò conto di non possedere niente di più di
quanto avrò opportunamente donato, e i beni che dispenserò
non li giudicherò dal numero o dal peso ma in base alla mia
stima per chi li riceverà; non riterrò mai troppo grande il dono
che farò ad una persona degna. In ogni mia azione non seguirò l'opinione degli altri ma soltanto la mia coscienza, e anche se
ne sarò consapevole io solo mi comporterò come se agissi al cospetto del mondo. Nel mangiare e nel bere perseguirò
l'unico scopo di soddisfare i miei bisogni naturali, non quello
di riempirmi e di svuotarmi lo stomaco; sarò amabile con gli
amici, mite e indulgente con i nemici, e quando qualcuno
starà per chiedermi qualcosa di onesto lo preverrò, per non
metterlo nelle condizioni di dovermi pregare. Conoscerò
come mia patria il mondo, gli dèi come mia guida, sempre al
di sopra e intorno a me, censori d'ogni mio gesto e d'ogni mia parola, e quando la natura vorrà riprendersi il mio soffio
vitale, anche armando la mano alla ragione, me ne andrò via
di qui, testimoniando di avere sempre amato la retta coscienza
e i nobili propositi, di non avere mai diminuito la libertà di
alcuno, e tanto meno la mia». Chi si prefiggerà tutto questo, e si sforzerà di metterlo in atto con viva determinazione, salirà verso il regno degli dèi, e, quand'anche fallisse la meta, si potrà dire di lui:
è tuttavia caduto nell'osare una nobile impresa. Ma voi, col pretesto che odiate la virtù e coloro che la coltivano, non fate niente d'insolito, niente che si levi al di sopra dell'ordinario, simili agli occhi malati che temono la luce del sole o agli animali notturni che aborrono lo splendore del giorno e al primo chiarore dell'alba, abbagliati e storditi, corrono disordinatamente verso le loro tane o s'infilano in qualche fessura, tanto sono spaventati dalla luce. Ringhiate pure, esercitate la vostra sterile lingua nel calunniare le persone dabbene, spalancate la bocca, mordete: vi spezzerete i denti, senza poterle nemmeno scalfire.

De vita beata, Seneca, XX